ARCHI magazine Set-Ott 10 Scalabanda

l termine Yoga deriva dal sanscrito e possiede una vastissima gamma di significati. La radice della parola è yui, che significa giogo: quindi qualcosa che unisce, congiunge.
Nel nostro caso, il Conservatorio è la scuola meno yogica in assoluto: ogni materia del curricolo procede a sé stante. Tutto questo produce una mente antiyogica, a compartimenti stagni. Il rimedio? … La didattica yoga!!!

Una delle iatture della didattica tradizionale è la netta separazione tra la parte tecnica e quella espressiva: da un lato le scale, i colpi d’arco ecc. e dall’altro – ben distinto – i brani musicali. Basta guardare una prova d’esame: prima la scala, eseguita sempre in maniera meccanica e antiespressiva, e poi il brano, come fossero due mondi separati… Ma così non va, non funziona proprio. Parola di Alfre’. Quindi, bisogna cambiare questo modo di agire che produce questo pensiero sbagliato:

perché tecnica e musica sono due facce della stessa medaglia. Ci servono nuovi esercizi che combinino tecnica ed espressività. Ma non solo. Anche la parte creativa, cioè la capacità di produrre idee musicali proprie, è completamente abbandonata: tutto il percorso didattico è affidato alla sola lettura. E l’improvvisazione, dove la mettiamo? Possibile che se togliamo il foglio dal leggio, non sappiamo fare più niente? Ci siamo talmente abituati a questo assurdo da farlo sembrare “normale”.

Partendo quindi da queste constatazioni, ho avviato una sperimentazione basata su un nuovo tipo di esercizi, uno dei quali sottopongo al vostro giudizio. Confido nella vostra benevolenza: si tratta di un prototipo, ovviamente da perfezionare.

Scalabanda

Non so voi, ma io mi trovo spesso a far lezione a loschi figuri con magliette recanti scritte inquietanti tipo “Death Metal”, “Sex drug and rock’n’roll” e via discorrendo. Gente così non si sognerebbe neanche lontanamente di ascoltare un quartetto d’archi e cercare di costringerli non servirebbe a nulla: con questi occorre adottare una didattica furbissima. L’idea di partenza è la scala. Sì, perché la scala la dobbiamo fare tutti, classici pop e rocchettari. È l’alfabeto. Il bello della scala è proprio la sua plasmabilità: è come un liquido, che prende la forma del contenitore in cui lo versiamo.

La seconda idea è ascoltare insieme alla nostra vittima una danza, in questo caso ho scelto una splendida Sarabanda di Händel (ma al losco figuro non dico ancora nulla, lo deve scoprire da sé cos’è una Sarabanda!). Si tratta di un ascolto finalizzato a comprendere alcune cose: innanzitutto il metro e i moduli ritmici basilari del brano misterioso. Quindi, poche chiacchiere astratte su teorie origini storie ecc.: ci sarà tempo per questo. Ora facciamo esperienza della musica. Proviamo a muovere il corpo sulla musica, magari dondolando un po’: in fondo è una danza, no? Quando que- sto movimento di gambe si sarà stabilizzato, continueremo a sviluppare l’esercizio coinvolgendo contemporaneamente gli arti superiori, ottimo esercizio di coordinazione ritmico-motoria. In pra- tica, dopo averli riconosciuti, possiamo provare ad imitare con il battito delle mani i principali moduli ritmici individuati all’ascolto. Divertiamoci a fare questo gioco con la musica. Stop. Il mio ruolo di insegnante, in questo contesto, è fornire stimoli e suggerimenti per l’individuazione di tali moduli ricorrenti.

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