ARCHI magazine Mar-Apr 10 Enciclopedia luoghi comuni

Non ci sono più le mez- ze stagioni. La mam- ma è sempre la mam- ma. Il nuoto è uno sport com- pleto. Frasi fatte, pronte per ogni evenienza, utili a riempire quegli imbarazzanti silenzi, per poter avere sempre qualcosa da dire… anche quando si potreb- be stare zitti! E potevamo noi “arcieri” sottrarci? Non sia mai! In questo numero vi pro- pongo uno dei più deliziosi complimenti di cui sono spes- so fatti oggetto i contrabbassi- sti… a cui aggiungo una disa- mina enciclopedica che spero contribuirà a mettere in eviden- za la singolare molteplicità di significati che si cela tra le pie- ghe dei nostri “innocenti” usuali modi di dire… Non me ne vogliano i colleghi violon- cellisti: si gioca! E d’altra parte, sapeste quante battutacce dob- biamo ascoltare noi poveri contrabbassisti, da voi!

«Che bel suono… sembra un vio- loncello» – Espressione conside- rata unanimemente il più bel complimento che un contrab- bassista possa ricevere. Tutta- via l’innocente adulazione rive- la, al di là dello stupore e gran- de meraviglia manifestati dal- l’astante, inquietanti risvolti na- scosti tra le pieghe del lessico: in particolare in quel verbo “sembrare” che attribuisce alla lusingante locuzione la prero- gativa di un odioso confronto con un rivale – il violoncello – che assurge quasi a paradigma di una bellezza ideale e irrag- giungibile. Immaginate la sce- na: mentre il nostro eroe ese- gue ispirato una poetica elegia, un passante si ferma rapito ad ascoltarlo. Alla fine dell’esibi- zione, alza lo sguardo stupito sull’esecutore pronunciando la fatidica frase! Prima di rispon- dere di getto con un «Grazie!»gongolando deliziato dalle pa- role dell’adulatore, il nostro eroe farebbe bene a leggere il seguito. Una più attenta rifles- sione semantica sulla locuzio- ne ne rivela un’implicita conno- tazione denigratoria. È neces- sario scandagliare i più recon- diti recessi dell’animo dell’adu-

latore allo scopo di disvelarne ogni più intimo e riposto pen- siero. L’adulazione lascia sot- tintesa un’offesa probabilmen- te inconsapevole, ma non per ciò meno oltraggiosa, presumi- bilmente uno sciagurato caso di ironia involontaria che potrem- mo interpretare più o meno co- sì: «Però! Che sorpresa… Non avrei mai supposto che da un casso- ne del genere potesse uscire un suono decente tanto che addirittura somi- glia – ricordate! il nostro ascol- tatore sostiene che “sembra”!- a quello del violoncello. Quest’uo- mo dev’essere veramente un mago!».

Due sono le considerazioni da farsi che dovrebbero ferire il sensibile animo del contrab- bassista: la prima scaturisce da quel moto di meravigliata sor- presa («Che bel suono…») che il sedicente adulatore esibisce nel constatare positivamente le pe- culiarità timbriche del contrab- basso; ciò implica, evidente- mente, che prima di quel mo- mento egli aveva considerato il nostro strumento una sorta di chiavica sonora (ah! Furfante!); pertanto, secondo l’ascoltato- re è soltanto in virtù della sup- posta sovrumana abilità del- l’esecutore che il suono del contrabbasso riesce dignitoso; la seconda pugnalata alle spal- le è rappresentata dallo spiacevole paragone con un altro strumento, il violoncello («sem- bra un violoncello»); ciò sottinten- de che se il suono del contrab- basso non assomigliasse a quello del violoncello,1 se il suono corrispondesse effetti- vamente a quello di un con- trabbasso o, meglio ancora, al- l’idea che l’occasionale ascol- tatore se ne è fatta, allora do- vrebbe fare veramente schifo! Cari amici del contrabbasso,

vedete bene che al giorno d’og- gi non ci si può fidare più di nessuno: dietro ogni adulatore si potrebbe nascondere un po- tenziale denigratore del con- trabbasso. Diciamo basta a questi umilianti paragoni, è arrivato il momento del Bass Pride, di affermare con orgo- glio la nostra diversità: meglio un giorno da contrabbassista che cent’anni da violoncellista! E tu, illustre violoncello, chi ti credi di essere? Te lo do io il cigno – animale elegante ma, di- ciamolo, vanesio e sfaticato – te lo do sul groppone! Pertanto, la giuria del contrabbasso boc- cia senza appello questa lode ipocrita e fasulla. Se qualcuno volesse veramente farci un complimento, allora dovrebbe dire: «Caspita! Che bel suono di contrabbasso…» ed aggiungere, eventualmente: «altro che quel- l’altezzoso di un violoncello!».

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